di Alessandro Muraca, appasionato di scienza e tecnica delle costruzioni, allievo del Prof. Ing. Lodovico Corigliano, uno dei progettisti del progetto preliminare del ponte sullo stretto di Messina (anno 2003).
Il ponte sullo stretto di Messina sarebbe la struttura più sicura in caso di terremoto. Perché? In sintesi: i ponti sospesi sono “immuni” ai terremoti. Reagiscono a frequenze diverse, si “de-sintonizzano” da qualsiasi evento sismico.
Se pensiamo ai terremoti come “stazioni radio” che trasmettono la loro energia nell’intervallo 1 – 10 Hz, gli effetti saranno tanto meno sensibili quanto più la frequenza propria scende sotto 1. Per le torri del ponte siamo a 0,1, per il sistema cavi-impalcato 0,03 in direzione laterale (terminata la parte violenta di un terremoto l’impalcato non ha ancora compiuto un ciclo). Più è lunga la campata, minori sono gli effetti sismici. Confrontando due ponti di luce diversa (il Messina di 3,3 km e l’Akashi di 1,9), la massima accelerazione risentita sul più lungo è grossolanamente pari al 60% di quella dell’altro.
Le accelerazioni sismiche risentite da un ponte sospeso, infatti, decrescono con la radice quadrata della luce. Si riducono del 20% e, contestualmente, l’energia sismica del 40. Il terremoto di progetto del giapponese Akashi ipotizzava un evento di magnitudo inferiore di 0,7 gradi rispetto a quello che si è verificato realmente, ma il ponte ha retto senza danni malgrado un’energia sismica 5 volte maggiore.
Per il Messina, noi italiani abbiamo considerato da subito un terremoto di grado 7,1 (1908). Ma quando si simula un terremoto per testare la struttura, consideriamo che avvengano contemporaneamente tanti eventi della stessa magnitudo a distanze diverse. Caso irrealistico, per non dire impossibile.
Il ponte di Messina ha un periodo fondamentale di oscillazione di 31 secondi, e quindi si “de-sintonizza” da qualunque terremoto reale. L’accelerazione risentita a livello di impalcato rispetto a quella a terra è di circa 0,005G, meno di una frenata dolce in auto. Le torri del Messina sono meno rigide rispetto a quelle del ponte giapponese e questo consente loro di assorbire meno input sismico. Inoltre, sono stati aggiunti 16 isolatori sismici da 35 tonnellate per torre con smorzamento dell’11%.
I giapponesi sono venuti a più riprese a visionare il progetto del ponte di Messina e i luoghi di realizzazione. Lo hanno lodato e ritenuto superiore al loro, che usa la vecchia travata reticolare a doppia via oggi ritenuta obsoleta proprio grazie alle innovazioni del ponte di Messina, quindi l’impalcato di terza generazione “Messina’s Type Deck” a cassoni separati ideato dal progettista William Brown.
E i treni? Nessun problema. Un ponte sospeso di luce 3300 m è poco deformabile. I giapponesi rinunciarono alla ferrovia prima del terremoto perché il ponte collega una piccola isola con numero insufficiente di abitanti dalla cui parte opposta (contrariamente da quanto più volte affermato dal geologo Mario Tozzi, la ferrovia non era mai stata inizialmente prevista e solo dopo sxcartata a seguito del sisma di Kobe) c’è un ponte solo stradale. Avrebbero dovuto costruire un secondo ponte ferroviario o realizzare una stazione di testa per pochi. Inoltre, non avevano previsto un giunto ferroviario come quello del Messina (giunto di Brown vedi figura 2), ma un binario flessibile che con complesse deformazioni 3D avrebbe assorbito gli spostamenti dovuti a variazioni termiche e forze di frenatura. Infine, per via della tecnologia obsoleta (oggi non si fanno più ponti in quel modo) la rigidezza torsionale era insufficiente.
Nel caso del ponte di Messina, invece, il transito ferroviario può avvenire in condizioni ideali con pendenze ridotte al minimo in virtù delle dimensioni della struttura e delle tecnologie di ultima generazione utilizzate. Vi ricordiamo che il ponte di Messina è stato progettato dai massimi esperti mondiali in ambito, tra cui William Brown (ideatore tra l’altro del giunto ferroviario che porta il suo nome, vedi figura 2), COWI A/S e Parsons. Nel corso degli anni, sono state fatte tutte le più minuziose verifiche per assicurare la completa sicurezza dell’opera anche in caso di evento estremo.