Nell’ipotesi prospettiva, che appare sempre più concreta, di una reale costruzione del Ponte sullo Stretto, e nel quadro delle sue possibili ricadute al contorno, non può non rientrare una serie di considerazioni riguardo alle sfide che esso porrebbe alla pubblica amministrazione per la sola sua presenza. Non si tratterebbe, io penso, della semplice necessità di mettere in piedi un’autorità di gestione in mano privata-pubblica, ma di molto di più.

Intendo dire che, non troppo tardi, e col proseguire della integrazione funzionale che il Ponte innescherebbe tra aree urbane fin adesso legate dai soli approdi, si renderebbe evidente che la portata tangibile della conurbazione nascente sarebbe tale da richiedere una pianificazione unitaria e una gestione quotidiana che solo nuovi assetti di governo locale possono garantire: non più due o tre centralità distinte, ma una sola autorità sovraccomunale – e forse qualcosa di più – di collocazione e natura interregionale.

Cioè qualcosa di assolutamente inedito. Non solo: immagino che il Ponte, per le prospettive di riaggregazione che esso indurrebbe – in principio giustificabili ai fini di una utilità amministrativa abbastanza locale – potrebbe costituire, alla lunga, una leva per l’emersione di una concezione innovativa degli assetti istituzionali delle regioni meridionali. A chi apparterrebbe la Metropoli dello Stretto? Alla Sicilia? Alla Calabria? Solo a sé stessa? E con quali estensioni territoriali afferenti? Quanto e fin dove estese? Con quali eventuali autonomie?

La facoltà che il titolo V della Costituzione attribuisce alle regioni ai fini di una eventuale rideterminazione dei loro termini, entità, numero e competenze, mentre è oggi all’origine di un cammino rischioso in direzione delle autonomie differenziate, d’altra parte potrebbe consentire una modificazione progressiva della geografia politico-amministrativa dell’insieme delle regioni meridionali, quelle autonome e quelle non autonome, in direzione di una riorganizzazione capace di far loro conseguire un peso complessivo maggiore, anche in termini di demografia aggregatamente rappresentata, e di ripresa di una facoltà di programmazione strategica, oggi assolutamente assente.

La metropoli dello Stretto, nuovo corpo fisico e amministrativo, dirompente e inedito, in qualche modo autonomo ma polare e polarizzante, potrebbe essere la chiave da serrare e disserrare per far tornare a scorrere acque fin oggi troppo immobili e assetti cristallizzati e stagnanti, che hanno mostrato enormi difficoltà in termini di efficienza e di capacità di indirizzo. Palermo e le province calabre dovrebbero rimettere in discussione ruoli e competenze. Una discussione che non potrebbe non coinvolgere anche o soprattutto Napoli. Il Ponte, in presenza del quale non si potrà più errare, non può non essere uno stimolo all’acquisizione di mentalità strategiche, e di strumenti e forme di governo a quelli adeguate. Il contrario sarebbe il fallimento definitivo di ogni credibilità locale e nazionale.

Prof. Arch. Marcello Panzarella 2023